Un recente studio, condotto dai ricercatori dall’Università di Limerick in Irlanda, suggerisce per la prima volta che il morbo di Crohn, una condizione infiammatoria intestinale, potrebbe in realtà essere una condizione dell’intestino grasso.
L’analisi della composizione corporea nei pazienti con morbo di Crohn ha rilevato che questi soggetti incorporano il grasso nel loro corpo in un modo diverso dalle persone che non hanno il morbo di Crohn e sembrano depositare preferenzialmente il grasso sulle parti inferiori del loro corpo (area ginoide – fianchi, glutei, cosce) piuttosto che sull’addome (area androide). Nel loro studio si evidenzia che nelle aree addominali dove si trova l’intestino, le ulcere o le lesioni e l’infiammazione correlate al Crohn sono associate a maggiori depositi di grasso.
Definito anche “grasso strisciante” (creeping fat), questo strato di tessuto è stato pensato come una barriera fisica all’infiammazione e ai marcatori infiammatori, controllando la risposta immunitaria dell’ospite alla traslocazione dei batteri intestinali e l’immuno-modulazione. È ora, tuttavia, evidente che il grasso mesenterico è implicato sia nella patogenesi che negli esiti del trattamento nel morbo di Crohn in particolare nell’attività della malattia e nella gravità dei sintomi, danno intestinale e formazione di stenosi
L’ultima ricerca fa seguito a precedenti studi sulla microbiologia mesenterica e sul rilevamento di biomarcatori trasmessi dal sangue che il gruppo del professor Dunne ha pubblicato negli ultimi anni, frutto di una ricerca innovativa che ha portato a classificare il mesentere come nuovo organo
Il lavoro di esplorazione delle malattie infiammatorie intestinali di questo team ha portato allo sviluppo di un nuovo test diagnostico che differenzia la malattia di Crohn dalla colite ulcerosa basata su biomarcatori ematici e può consentire il monitoraggio del trattamento senza necessità di endoscopia.